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Il blog di Padre Beppe Giunti, una piazzetta dove trovarsi a chiacchierare della vita

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PAROLE A DIO DA UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO, 1943, ETTY

24 Dicembre 2007 · 3 Commenti

Perché il nostro cuore non smetta mai di sognare, teniamolo desto con pensieri e parole veri, sani. Vi regalo questo passaggio di Etty Hillesum nella Notte, sì proprio nella Notte quando dobbiamo tenere le luci accese, le luci del cuore, dell’intelligenza, della speranza.

“Mi hai resa così ricca, mio Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani.  La mia vita è diventata un colloquio ininterrotto con te, mio Dio, un unico grande colloquio.  A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi piantati sulla tua terra, i miei occhi rivolti al cielo, le lacrime mi scorrono sulla faccia, lacrime che sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza.  Anche di sera, quando sono coricata nel mio letto e riposo in te, mio Dio, lacrime di riconoscenza mi scorrono sulla faccia e questa è la mia preghiera.  Sono molto, molto stanca, già da diversi giorni, ma anche questo passerà, tutto avviene secondo un ritmo più profondo che si dovrebbe insegnare ad ascoltare, è la cosa più importante che si può imparare in questa vita. lo non combatto contro di te, mio Dio, tutta la mia vita è un grande colloquio con te.  Forse non diventerò mai una grande artista come in fondo vorrei, ma mi sento già fin troppo al sicuro in te, mio Dio.  A volte vorrei incidere delle piccole massime e storie appassionate, ma mi ritrovo prontamente con una parola sola: Dio, e questa parola contiene tutto e allora non ho più bisogno di dire quelle altre cose.  E la mia forza creativa si traduce in colloqui interiori con te, e le ondate del mio cuore sono diventate qui più lunghe, mosse e insieme tranquille, e mi sembra che la mia ricchezza interiore cresca ancora.”
Etty Hillesum, Lettere 1942-1943, Adelphi Edizioni, pag. 122

Tags: LETTURE CHE CI CONSIGLIAMO · PIAZZETTA DELLE CHIACCHIERE

3 risposte ↓

  • 1 robycappe // 28 Dic 2007 alle 21:03

    ESTER (ETTY) HILLESUM, CHI ERA COSTEI?
    Quanti conoscono oggi Etty Hillesum? Ricordo che quando registrai da Radio 3, nel lontano giugno del 1996, la serie di puntate a lei dedicate dalla trasmissione “Uomini e Profeti” condotta da Gabriella Caramore, il suo nome mi suonò assolutamente sconosciuto. La memoria collettiva della mia generazione, di quelli, cioè, nati nell’immediato dopoguerra, al pensiero di una ragazza ebrea olandese morta nei lager nazisti associava immediatamente il nome di Anna Frank, il cui diario era stato tradotto in italiano nel 1954, a dieci anni dalla sua morte, entrando poi anche nelle letture scolastiche. Ancora nel 1995 di Etty Hillesum non troviamo traccia nella piccola Treccani. Per cominciare a conoscerla, per meglio inquadrare gli scritti che ci ha lasciato e che solo tardivamente sono stati pubblicati, vale la pena, penso, dare un’occhiata ad una sua biografia tra le varie che si possono trovare su Internet. Eccola:
    Nata nel 1914 in Olanda da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica, Etty Hillesum muore ad Auschwitz nel novembre del 1943.
    Ragazza brillante, intensa, con la passione della letteratura e della filosofia, si laurea in giurisprudenza e si iscrive quindi alla facoltà di lingue slave; quando intraprende lo studio della psicologia, divampa la seconda guerra mondiale e con essa la persecuzione del popolo ebraico.
    Durante gli ultimi due anni della sua vita, scrive un diario personale: undici quaderni fittamente ricoperti da una scrittura minuta e quasi indecifrabile, che abbracciano tutto il 1941 e il 1942, anni di guerra e di oppressione per l’Olanda, ma per Etty un periodo di crescita e, paradossalmente, di liberazione individuale.
    Sotto l’aspetto vivace e spontaneo, Etty è profondamente infelice: in preda a sfibranti malesseri fisici, scopre a poco a poco che questi sono in relazione con tensioni di ordine spirituale.
    Forse anche a seguito di carenze educative e vuoti affettivi dovuti al burrascoso matrimonio dei suoi genitori, in quel periodo Etty vive relazioni sentimentali complicate, che la lasciano “lacerata interiormente e mortalmente infelice”.
    Il 3 febbraio 1941 avviene l’incontro più importante della vita di Etty: quello con lo psicologo Julius Spier, allievo di C.G. Jung e inventore della psico – chirologia, la scienza che studia la psicologia di una persona partendo dall’analisi delle mani. Ebreo tedesco fuggito da Berlino nel 1939, Spier tiene ad Amsterdam dei corsi serali durante i quali invita gli studenti a presentargli le persone che poi diventeranno oggetto del suo studio. Bernard Meylink, un giovane studente di biochimica che vive nella casa di Han, propone Etty, la quale viene accettata. L’incontro con Spier è per Esther folgorante: decide subito di prendere un appuntamento privato con lui per cominciare una terapia.
    L’8 marzo 1941, probabilmente su invito di Spier, Etty inizia a scrivere il diario. Dopo alcuni mesi, Etty diventa prima segretaria e poi allieva dello psicologo tedesco: tra i due scoppia una attrazione reciproca, che li spinge l’uno verso l’altra nonostante la notevole differenza di età (Esther ha 27 anni e Spier 54) e il fatto che entrambi siano già impegnati in una relazione. Attraverso le contraddizioni di una relazione complessa, inizialmente anche ambigua, egli la guida in un percorso di realizzazione umana e spirituale. L’aiuta a conoscere e ad amare la Bibbia, le insegna a pregare, le fa conoscere S. Agostino ed altri autori fondamentali della tradizione cristiana: sarà per Etty un mediatore fra lei e Dio.
    Seguendo quindi un proprio itinerario, Etty matura una sensibilità religiosa che da ai suoi scritti una grande dimensione spirituale.
    La parola “Dio” compare anche nelle prime pagine del diario, usata però quasi inconsapevolmente, come spesso accade nel linguaggio quotidiano. A poco a poco però Etty va verso un dialogo molto più intenso con il divino, che percepisce intimo a se stessa: “Quella parte di me, la più profonda e la più ricca in cui riposo, è ciò che io chiamo Dio”.
    Ormai libera dagli errori del passato, si avvia sulla strada del dono di sé a Dio ed ai fratelli, nel suo caso il popolo ebraico, la cui sorte sceglie di condividere pienamente.
    Lavora per un breve periodo in una sezione del Consiglio Ebraico di Amsterdam. Grazie a ciò, nel 1942, avrebbe avuto la possibilità di aver salva la vita, invece sceglie di non sottrarsi al destino del suo popolo. Quasi subito chiede il trasferimento a Westerbork, il campo di “smistamento” dove transitarono migliaia di ebrei olandesi in attesa di deportazione e quindi si avvia al campo di sterminio con gli altri ebrei prigionieri: è infatti convinta che l’unico modo per render giustizia alla vita sia quello di non abbandonare delle persone in pericolo e di usare la propria forza interiore per portare luce nella vita altrui.
    Lavora nell’ospedale del campo - con alcuni rientri ad Amsterdam - dall’agosto 1942 al 7 settembre 1943, data in cui Etty, suo padre, sua madre e Misha furono caricati sul treno dei deportati diretto in Polonia. Morì ad Auschwitz il 30 Novembre 1943.
    Quando Etty inizia la stesura del diario la guerra era nel pieno del suo svolgimento, e il cerchio cominciava a stringersi intorno agli ebrei olandesi: erano costretti a brutali restrizioni, radunati nel ghetto di Amsterdam, poi inviati nei campi di “smistamento” in un’attesa più o meno lunga di deportazione nei campi di sterminio.
    Questo fu il contesto in cui Etty visse e in qualche modo comunicò a chi le stava intorno l’atteggiamento affermativo assoluto verso la vita, oltre ogni pessimismo, che la rese, come lei stessa si definì, “il cuore pensante della baracca”.
    I sopravvissuti del campo hanno confermato che Etty fu fino all’ultimo una persona “luminosa”.
    Al momento della sua partenza definitiva per il campo di sterminio Etty, che presagisce la fine, chiede ad un’amica olandese di nascondere i suoi quaderni e di farli avere ad uno scrittore di sua conoscenza, a guerra finita.
    I manoscritti, così difficili da decifrare a causa della grafia, passano così per anni da un editore all’altro, senza che nessuno ne intuisca l’importanza, fino a che nel 1981 giungono nelle mani dell’editore De Haan che, pubblicandoli, finalmente riporta alla luce la storia di Etty Hillesum, permettendo così ai lettori di tutto il mondo di conoscere la ricchezza di un’esperienza interiore che, anche di fronte alla sofferenza estrema, sa lodare la vita e viverla con pienezza di senso.

  • 2 claudia // 9 Gen 2008 alle 16:29

    Avevo letto i diari di Etty Hillesum sotto suggerimento di una signora mia amica e sono rimasta folgorata. Sono contenta che se ne parli un po’! Non è infatti ancora, ahimè, abbastanza conosciuta.
    E’ davvero un inno alla vita!
    La consiglio a tutte quelle persone che si incartano nel cercare il senso della propria vita e rimangono ferme lì al chiodo, con tanta frustrazione, rivolte dentro di sè.
    Etty è una sferzata di energia, è una dolcezza che si libera nei luoghi più orribili dell’umanità, è una curiosità giovane e nervosa in cui ti rivedi, è solare e altruista. Ciò che riporta nelle sue lettere è un cammino inconsapevole, all’inizio, verso Dio e verso la bellezza del creato e dell’umanità tutta, e che man mano matura, in cui ad un certo punto desidereresti quasi rispecchiarti, vista la purezza di sentimenti che in quei luoghi di dolore raggiunge.

  • 3 virginia // 6 Apr 2012 alle 09:51

    meravigliosa ragazza!!!!!!!!!!!!!!!!!! ho pianto tanto nel leggere il suo scritto!

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