(cerca nelle Fonti Francescane N° 466)
La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore. C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme. Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole. Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.
1 risposta ↓
1 Anna // 20 Dic 2007 alle 11:22
Tutto vivo il Presepio di Greccio!
Oggi potrebbe capitare (capita di tutto o per volontà o per caso!) un neonato vero nella greppia e la visione di un bambino assiderato con l’ambulanza che lo trasporta in ospedale.
“Dramma nel Presepio” sul giornale del giorno dopo! Anche questa è andata male!
Ma che giudizio, mettere un neonato al freddo!
Potevano stare in chiesa, intorno all’altare al caldo… come i ragazzi di P. Beppe a S. Marco!
Ho dato una versione macabra e moderna del Presepio di Greccio.
E’ molto bella invece l’ immagine di vita che traspare da questa pagina, con tutta la natura che vive solidale con l’umanità. Uomini, bosco cielo, animali… Rappresenta però una vita che va anche risvegliata, stimolata a rinascere.
Anche allora c’era chi vedeva “un bambino morto”. Come dire: c’è un cadaverino dentro di me, dentro qualcuno di noi.
Il compito di S.Francesco e di chi se la sente di farlo, anche oggi, è quello di contrastare il gusto del macabro e orientare i pensieri, i sentimenti, le emozioni, verso la positività della vita, invece che la negatività della morte.
Dobbiamo organizzare più feste, ed insegnarlo ai giovani, piene di vita, di fede, di sorpresa. Il cristianesimo non è triste.
“Assapora una consolazione mai gustata prima”
Abbiamo tutti voglia di provare emozioni nuove.
Riusciamo ad imitare S. Francesco che ha rinnovato Betlemme inventando il Presepio?
Inventiamo qualcosa!
Auguro a tutti una bella sorpresa per Natale: un abbraccio, una telefonata, un sorriso, un pranzo con tante risate, o quel regalo o aiuto che abbiamo sempre voluto ricevere e abbiamo sempre chiesto alla persona sbagliata.
Spero di non aumentare il numero dei divorzi dopo questo bel consiglio! Ma esistono delle responsabilità anche in campo affettivo, il bisogno di affetto e di attenzioni va soddisfatto e rispettato, quando è normale, quando non è narcisismo o gelosia o egoismo esasperato.
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