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Il blog di Padre Beppe Giunti, una piazzetta dove trovarsi a chiacchierare della vita

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VI DICE NIENTE QUESTO NOME: GIOVANNI, GIOVANNI PALLEVA?

14 Dicembre 2007 · 1 Commento

A settembre la comunità dei frati del Villaggio sant’Antonio ha accolto un nuovo fratello, p. Giovanni Palleva. Lo abbiamo incontrato per conoscerlo meglio e presentarlo agli amici di Giona.Ciao p Giovanni, ci racconti qualcosa di te? Nasco in Svizzera, a Frauenfeld, nel cantone Thurgau, e vi resto fino a sette anni, quando con la mamma, perché il papà nel frattempo era morto e la sorellina era tornata dai nonni, arrivo in Italia, a Vicenza, città natale di mia madre. E Vicenza diventa la mia città, dove cresco, studio ed inizio, presto, a lavorare. I ricordi di quegli anni fanno riaffiorare la sensazione di una vocazione latente, già presente, ma ancora sommessa. Da ragazzino frequento la chiesa di San Lorenzo, dove operano i frati minori conventuali e conosco p. Giuliano Abram, il frate giovane responsabile dell’animazione dei ragazzi. P. Giuliano è una figura carismatica e quando nel 1980 viene trasferito a Padova, al Villaggio S. Antonio, lo vengo a trovare, prima occasionalmente poi più frequentemente. Al Villaggio trovo ospitalità e non solo fisica; spesso parto il sabato sera da Vicenza e vi torno il lunedì mattina, sempre bene accolto dai frati. Intanto la vocazione non ancora esplosa, ma sempre presente mi spinge all’approfondimento vocazionale. Compiuti i diciotto anni arriva la “cartolina” per il servizio militare, io un po’ riluttante a trascorrere un anno che la maggior parte dei conoscenti mi descriveva privo di interesse, la comunità dei frati, invece, che me lo rappresenta come un’esperienza che potrebbe essermi utile. E così parto. E sono soddisfatto perché è stata un’esperienza positiva. Al ritorno riprendo la mia vita, solo interrotta da questa parentesi: lavoro, famiglia, impegno in parrocchia, fondiamo la Gifra (Gioventù Francescana) a Vicenza. Quel sentimento vocazionale, dopo uno, due anni, riaffiora e questa volta in modo più deciso. Inizio, così a frequentare i weekend vocazionali a Treviso ed il 17 settembre 1989 decido di lasciare tutto ed entrare. Inizio quindi il percorso, riprendendo anche gli studi che avevo dovuto interrompere ed il 17 settembre 1999 vengo destinato alla Parrocchia di S. Marco Ev. in A.L. , dove rimarrò per otto anni occupandomi di pastorale giovanile. Qual è stata la prima impressione quando arrivasti la prima volta? Da subito un’impressione positiva, sentivo una continuità con i frati della chiesa di S. Lorenzo, provavo la sensazione di sentirmi in famiglia, ricordo frati sorridenti che si preoccupavano di farmi sentire accolto. Un aneddoto, le prime volte che venivo al Villaggio, da solo non mi permettevo di entrare nella sala del Capitolo, ma gli stessi frati mi hanno aperto la porta facendomi sentire uno di famiglia. E quando sei arrivato quest’anno a settembre? Quando mi è stato comunicato che la destinazione era il Villaggio, il mio primo pensiero è stato quello di non cedere all’illusione di tornare in un luogo conosciuto, perché ero consapevole che avrei trovato una realtà diversa da quella che avevo conosciuto da ragazzo. Una comunità conventuale nuova, della famiglia di allora è rimasto solo fra Francesco e fra Vergilio, ma soprattutto una realtà che risponde a nuovi bisogni. Sono arrivato e mi sono posto in ascolto. Ho ritrovato l’accoglienza, la stessa che mi ha permesso di trascorrere momenti belli allora e che oggi mi fa sentire a casa. Sono grato ai miei confratelli perché mi hanno permesso di arrivare senza affanni, di avvicinarmi lentamente e di prepararmi. Vieni da una realtà di parrocchia di una grande città, Roma, e adesso vivi in una comunità conventuale di una cittadina di provincia. Come vivi questa nuova dimensione? Le differenze ci sono. Roma è la capitale, tutto è amplificato, anche le opportunità di fare esperienze di accoglienza sono tantissime. Poco dopo essere arrivato a Roma, ad esempio, per il Giubileo, nel 2000 si è celebrata la giornata mondiale della gioventù e la parrocchia di S. Marco ha fatto accoglienza a circa 800 ragazzi che provenivano dal Cile, da Panama e dal Brasile. Partendo da questa accoglienza, con i ragazzi della parrocchia abbiamo percorso il bello, l’armonia, la gioia la felicità dello stare assieme e della festa. Negli ultimi mesi dell’anno ho proposto loro di vedere anche l’altra faccia, le realtà del disagio ed ecco che abbiamo visitato il carcere, Regina Coeli, celebrandovi per due volte la S. Messa, la comunità di madre Teresa di Calcutta a S. Gregorio al Coelio, la comunità Matteo 25, impegnata nell’assistenza ai poveri, i campi Rom, e quanta difficoltà a convincere i ragazzi a conoscere questa realtà… L’anno dopo abbiamo organizzato un pellegrinaggio a Santiago de Compostela, 320 Km a piedi per provare a sentirsi pellegrini in terra straniera. Roma ti permette di volare alto, vedere le cose a 360 gradi. Quando ho saputo che sarai arrivato a Padova ho pensato che questo mi avrebbe permesso di relativizzare, di soffermarmi anche sul particolare. Vivo bene la dimensione della provincia, perché dopo avere volato come un’aquila, potrò vedere anche i dettagli. Mi sono riavvicinato alla fraternità provinciale dei frati, alla Basilica del Santo, al santuario dell’Arcella, a S. Massimo, ed ai legami familiari. E poi sto riscoprendo un ritmo meno frenetico, un uso più costruttivo del tempo.Ad un frate si chiede obbedienza, e tu, obbedendo, sei partito. Cosa hai lasciato a Roma?  Riprendo il Vangelo letto durante la celebrazione di saluto alla comunità che lasciavo: Gesù esorta gli apostoli a gettare di nuovo dopo una notte infruttuosa le reti in mare e Pietro si affida. Lascio dopo otto anni di ministero pastorale, una pesca fruttuosa, ma sono pronto, perché a questo il Signore mi ha chiamato, a gettare le reti in un nuovo mare di umanità. La cosa più difficile per noi frati è gestire gli affetti, facciamo voto di povertà, non possediamo nulla tranne i legami che costruiamo, e costa fatica rinunciare alle relazioni che si sono intrecciate, ma questa è una manifestazione della povertà.Al Villaggio sei responsabile dell’area disabilità, Centro Diurno e Comunità Alloggio “La Barchessa”. Conoscevi già queste tematiche oppure è per te un ambito nuovo? A Roma mi occupavo di pastorale giovanile, ero a contatto con i gruppi dei giovani. Qui è un cambiare pagina, conoscere un ambito nuovo ed io mi sono messo in ascolto di questa nuova realtà; in questi mesi ho dedicato molto tempo alle letture per costruirmi quella documentazione teorica che mi sarà utile, spero, per scendere nella realtà.Concludiamo con un augurio per il Villaggio? Che il Villaggio riesca sempre ad avere l’attenzione alle nuove emergenze che la realtà può presentare, che abbia la capacità di mettersi in ascolto e che i frati possano essere profetici ed impegnarsi dove e come c’è necessità, pronti a gettare le reti nel mare che il Signore ci indicherà.

Tags: AFFARI NOSTRI · PIAZZETTA DELLE CHIACCHIERE

1 risposta ↓

  • 1 fr. Andrea V. // 17 Dic 2007 alle 18:37

    ciao! sono un confratello di p.Giovanni. Se vuoi puoi leggere l’intervista pubblicata sul notiziario del Villaggio S.Antonio (Giona nella Balena) visitando il sito internet http://www.villaggiosantantonio.org - sezione ‘documentazione’ - file: Giona nella Balena n.3/2007 . Se poi curiosate sul sito potete capire un po’ meglio dove viva adesso Giovanni. Ciao a tutti e BUONE FESTE! fav

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